La prima volta si ricorda sempre, non è vero?
Infatti, nemmeno a farlo apposta, il mio primo giorno di vita è stato a dir poco memorabile (traduzione libera dal volgare “catastrofico”) : un computer morto dopo due minuti di log, la scheda video impazzita e altri sottolivelli esistenziali in piena crisi atomica.
Era evidente che un povero laptop vecchio di due anni come il mio non avrebbe retto un tale sforzo, perciò abbandonai quasi subito l’idea di usarlo per i miei fini poco etici ma molto estetici (bhé..spendere milioni di lindens in vestitini virtuali non è proprio esempio di sanità mentale). Un mese dopo eccomi a ritentare la fortuna con un pc da tavolo..ed eccole : le porte del paradiso finalmente si aprono.
Ora, sapendo che la mia vita si svolge tutta intorno a due grandi poli (mangiare/bere/respirare e lavorare a Silent Hill [è una lunga storia..per farla breve : io può, tu non può….]) i diavoletti della Linden Labs dove potevano farmi nascere, se non a Braunworth? Ovvero l’isola che ospita Little Silent Hill? Ovvero l’unico infohub dotato di radio a musica industrial 24h/24 ?
Qualcuno lassù mi ama.
Cosa dire, di certo non mi aspettavo di tramutarmi in un omino verde poco conforme alle norme CEE e, soprattutto, offesa alla pubblica decenza .
E qui va il mio primo ringraziamento a quel gran pezzo di pixel che con santa pazienza passò l’intera giornata a spiegarmi il cosa-come-maperchè? di Second Life (ovvero come non farsi prendere da una crisi ipoglicemica davanti a quella miriade di poseballs rosa e blu) : perciò grazie a Leigh DuCasse, ovunque e chiunque tu sia (ma sei o non sei?).
Passate le prime ore di completo smarrimento tra popups , finestre, inventari, menu, sottomenu e sottobicchieri .. mi sono finalmente decisa a muovermi verso Little Silent Hill ovvero la mecca del divertimento morboso di chi, come me, spenta la console sente il bisogno di accendere il pc per aprire quelle dannate porte che “sembrano rotte” o che “non si apriranno mai” o ancora “non è qui che devo andare” , per non dimenticare poi “c’è una strana forza che tiene chiusa questa porta”.
Bhè lo smacco qua almeno è stato più subdolo: quasi a sottolineare l’eterea consistenza del male cosmico mi si para davanti un muro invisibile (“no entry” non esiste nel mio vocabolario) che impedisce l’accesso alla familiare meta turistico-lacustre (questa fa tanto guida Michelin). Ma certo! Senza carta di credito dove speravo di poter andare? Ma siamo matti? Ma Veronika!
E fu così che i miei dindini mi spianarono l’entrata.
V.
1 comments:
>E fu così che i miei dindini mi spianarono l’entrata.<
ah sono questi i messaggi che lanci a chi ti legge? sono queste le lezioni di vita che vuoi impartire al world wide web?
sciagurata!!!!
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